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Igienizzazioni e Sanificazioni Impianti aeraulici, come procedere?

Il 15 maggio 2020 in Italia verrà ricordata come una data storica: l’inizio della fase 2 dell’emergenza sanitaria COVID-19 e la ripresa, seppur parziale e con mille accortezze, delle attività commerciali e lavorative.

La prevenzione passa ovviamente per l’adozione di misure sociali di distanziamento e di rafforzamento delle normali prassi igieniche personali; insomma, si riparte ma distanti almeno 1 metro, mascherina nei posti affollati e lavaggi frequenti delle mani con detergenti o soluzioni specifiche.

Anche gli ambienti però, ovviamente, assumono un ruolo importante ed ecco la necessità di operare con interventi di pulizia e sanitizzazione dei locali e degli ambienti di vita e di lavoro. E qui, non possiamo nasconderlo, si è scatenato il panico. Si è assistito alla nascita di improvvisati specialisti della disinfezione e ricette miracolose da mettere in atto.

Nonostante questa giungla dell’igiene in qualche modo si è proceduto alla messa in sicurezza anche negli ambienti.

Ma gli impianti di condizionamento? Che ruolo hanno in questo contesto di emergenza? Abbiamo già parlato delle indicazioni dell’istituto Superiore di Sanità in merito alla sanificazione impianti aeraulici e covid-19 (Leggi articolo)

Anche nel tema della pulizia canali aria si sono moltiplicati gli esperti con soluzioni di dubbia efficacia e validità scientifica.

Si è addirittura assistito a metodi di disinfezione degli ambienti indoor mediante nebulizzazione di prodotti chimici negli impianti aeraulici, usando suddetti impianti come mezzo di trasmissione dell’igienizzante (pura follia!!).

Oppure, protocolli di igienizzazione degli impianti aeraulici che non prevedono nessuna pulizia meccanica di UTA o canali, ma solo l’aerosolizzazione di soluzioni disinfettanti.

Con questo contributo tecnico cerchiamo di fare dunque chiarezza su alcuni aspetti e sul ruolo degli impianti aeraulici durante la convivenza con il COVID-19 e più in generale con gli altri patogeni biologici connessi al condizionamento.

Pulizia impianti aria condizionata: concetti base

Secondo l’OMS l’inquinamento indoor è addirittura 5 volte superiore a quello Outdoor. Per questo motivo, ma soprattutto in questo periodo storico, restano valide alcune indicazioni essenziali:

  • In tutti gli ambienti senza impianti canalizzati e senza ventilazione forzata, è necessario favorire frequenti ricambi d’aria naturali (la semplice apertura delle finestre)
  • In tutti gli ambienti con impianti canalizzati, questi devono essere lasciati in funzione h24 alla velocità massima possibile (questo permette la rimozione delle particelle aerodipserse e limita la relativa deposizione sulle superfici)
  • Tutti gli impianti con ricircolo di aria devono essere convertiti, se possibile, in impianti a tutt’aria (ovvero, l’aria di ambiente indoor non deve ritornare in ricircolo e non deve essere recuperata)
  • Gli impianti aeraulici devono essere sottoposti a controlli regolari dello stato igienico e funzionale (Ispezione Tecnica come a Accordo Stato Regioni del 2013) e qualora necessario devono essere oggetto di bonifica e sanificazione (leggi anche Normativa Pulizia Canali Aria)
  • Gli impianti aeraulici con recupero e ricircolo di aria devono essere sottoposti ad interventi di bonifica e sanificazione. Le griglie di ripresa, infatti, pescando dall’ambiente indoor inquinato, contaminano l’impianto stesso che a sua volta dissemina gli inquinanti in altre zone dello stabile servito dallo stesso impianto. Questo punto è molto importante perché, nonostante si definisca precisamente il flusso delle persone all’interno di uno stabile al fine di contenere il contatto e l’affollamento, il ricircolo dell’aria potrebbe favorire il contagio per via aerea in luoghi in cui non sarebbe portato dallo spostamento delle persone da un luogo all’altro

Partendo dall’assunto che la trasmissione del coronavirus Covid19 avviene per contatto diretto con le secrezioni respiratorie emesse da persone, la trasmissione via aerosol è al momento l’unica potenzialmente connessa agli impianti di climatizzazione. L’ipotesi di trasmissione del virus non è dimostrata con certezza né negata e va di conseguenza considerata seguendo il criterio della massima sicurezza.

Se dovessimo trovare un problema di contagio legato agli impianti di condizionamento, dobbiamo considerare che la corrente di aria generata dall’impianto possa aumentare il tragitto e il viaggio di particelle potenzialmente contagiose presenti in ambiente (caso di trasmissione occorso in un ristorante a Guangzhou, già nota come Canton, https://wwwnc.cdc.gov/eid/article/26/7/20-0764_article).

Per questo, nei locali chiusi, è necessario garantire spazzi maggiori da quelli canonici di 1 metro (da una persona per 7 m2 a una ogni 25 m2, in modo da ridurre l’eventuale possibile contaminazione aerea).

Posso sanitizzare un impianto aeraulico senza prima pulirlo?

A prescindere dall’emergenza COVID-19, la legge è sempre stata molto chiara in merito agli impianti di condizionamento. Citando il D.L. 81 del 2008 (Titolo II: Luoghi di lavoro – capo I – articolo 64, allegato IV: requisiti dei luoghi di lavoro):

“Gli stessi impianti (ndr. di condizionamento) devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori”.

“Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente”.

Considerando le varie normative esistenti in materia (Accordo Stato Regioni del 2013, UNI EN 15780:2011), ciò che emerge è che gli impianti aeraulici devono essere oggetto di accurate valutazioni del rischio, al fine di avere una fotografia sullo stato igienico e funzionale. Solamente dopo aver fatto ciò, è possibile sviluppare uno specifico progetto di bonifica.

Ovviamente, l’emergenza sanitaria contingente e la sua relativa gestione, ha stravolto un po’ questo passaggio del “prima controllo e dopo se necessario intervengo” procedendo direttamente alla fase di bonifica e sanificazione e, considerando che molti impianti aeraulici sono particolarmente vecchi e non sono mai stati puliti, questa scelta è assolutamente sensata.

Ciò che si è registrato fortemente sono state però le richieste di effettuare semplicemente la sanitizzazione (chiamata spesso impropriamente sanificazione), senza una precedente pulizia meccanica delle Unità di Trattamento Aria e delle relative condotte.

La sanitizzazione è quella fase del processo di sanificazione che consiste nella sterilizzazione di un impianto per mezzo di apposite sostanze antimicrobiche. Per semplificare (come da protocollo AIISA-NADCA) è il processo finale di un intervento di pulizia meccanica degli impianti.

Intuitivamente, che senso avrebbe nebulizzare un prodotto antimicrobico su un impianto sporco e ricco di detriti e sporcizia? Sarebbe come cercare di coprire il cattivo odore dopo una corsa effettuata sotto il sole, senza lavarsi ma spruzzando solo il deodorante (poveri noi c’è chi lo fa).

La scarsa conoscenza della materia e la moltiplicazione di “eschperti dell’igieneh!1!!1” ha dato origine a molteplici interventi analoghi che in tutta franchezza non servono assolutamente a nulla. Anzi!

Azioni del genere, se non effettivamente studiate da esperti del settore, e pianificate impianto per impianto, possono addirittura risultare controproducenti e aggravare i parametri dell’Indoor Air Quality.

Ci sono molte cose da considerare quando si effettua solamente una sanitizzazione di un impianto HVAC senza un precedente pulizia:

1. Non si rispetta la legge

Se l’impianto non è mai stato monitorato, non si adempie a quanto riportato dal D.L. 81 del 2008 in cui si prescrivono regolari controlli degli impianti aeraulici. A prescindere dall’intervento di sanitizzazione, gli impianti HVAC devono essere oggetto di valutazioni dei rischi e devono essere correlati di specifico libretto di manutenzione.

Inoltre, la legge afferma “Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente”. 

Se non ispeziono l’impianto, come posso sapere dove si trovano i sedimenti inquinanti per eliminarli?

2. Non funziona e può creare danni

Come da protocollo AIISA-NADCA, la sanitizzazione si deve effettuare a impianti puliti o “scarsamente contaminati”. Ecco perché è necessario una ispezione tecnica iniziale in quanto, quest’ultima, mi permette di valutare approfonditamente lo stato in cui versa l’impianto. Si possono riscontrare differenti situazioni:

  • Non è contaminato
  • E’ scarsamente contaminato
  • E’ contaminato

Nei primi 2 casi potrebbe avere senso la sola sanitizzazione, in quanto parliamo di impianti tutto sommato in buone condizioni, ma nell’ultimo caso assolutamente no, perché diffondere una nube antimicrobica all’interno di impianti incrostati, ricchi in sporcizia e sedimenti non ha alcun senso.

La soluzione chimica attiva, infatti, possiede sicuramente 2 caratteristiche: una certa percentuale di umidità e un effetto antimicrobico specifico. Una volta nebulizzato negli impianti, ristagnando tra le sedimentazioni di sporco, perde rapidamente l’efficacia antimicrobica ma potrebbe mantenere una certa umidità che, a contatto con lo sporco, crea proprio le migliori condizioni per una nuova proliferazione (soprattutto di Muffe).

3. Mancanza di certificazione

Un’attività del genere non può generare alcun certificato di pulizia canali effettivamente valida per gli impianti per alcune ragioni basilari:

  • Non rispetta il protocollo AIISA-NADCA
  • Non adempie a quanto riportato dalla Legge
  • Non assicura, nell’impianto, l’efficacia biocida del prodotto come da schede tecniche

Posso sanitizzare un ambiente attraverso gli impianti di condizionamento?

Il trattamento di contenimento delle cariche microbiche degli ambienti di lavoro, parte dal presupposto che chi opera sia a conoscenza delle corrette procedure e definizioni. Qui un piccolo glossario di riferimento:

  • Pulizia: ciò che il complesso di procedimenti ed operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza;
  • Igienizzazione: pulizia a fondo con sostanze in grado di rimuovere o ridurre gli agenti patogeni su oggetti e superfici. Le sostanze igienizzanti (es. ipoclorito di sodio) sono attive nei confronti degli agenti patogeni, ma non sono considerate disinfettanti in quanto non autorizzati dal Ministero della Salute come presidi medico chirurgici.
  • Disinfezione: che riguarda il complesso dei procedimenti ed operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati ed aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni;
  • Sanificazione: ciò che riguarda il complesso di procedimenti ed operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo ed il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione ed il rumore.

Fatte queste distinzioni, capiamo bene come spesso si abusi del termine sanificazione, usandolo indistintamente al posto dei primi 2 termini.

Gli interventi di disinfezione degli ambienti sono cosa seria e devono essere effettuati da professionisti del settore, con prodotti e apparecchi certificati e di comprovata efficacia.

Generalmente potremmo distinguere 2 modalità principali:

  • azione con mezzi chimici o fisici diretta sulle superfici degli ambienti da trattare;
  • azione con mezzi chimici eseguita portando a saturazione il volume totale dell’ambiente;

In entrambi i casi è necessario conoscere i mq o i mc degli ambienti da trattare, le specifiche tecniche dei prodotti e i tempi di contatto necessari all’espletamento dell’azione biocida.

Nel primo caso si applicano prodotti chimici o mezzi fisici sulle superfici da trattare (prodotti biocidi, raggi U.V. vapore saturo 180°C). E’ relativamente un intervento semplice, in quanto conoscendo i mq delle superfici da trattare, la tipologia del mezzo chimico o fisico e le concentrazioni usate, si determina agevolmente il tempo di contatto e le azioni operative generali.

La seconda modalità, invece, consiste nell’erogare un certo prodotto chimico all’interno di un ambiente e portare a saturazione l’intero volume. Anche in questo caso, conoscendo il volume da trattate e le caratteristiche del prodotto, è di semplice deduzione ricavare tempi di contatto e modalità.

In entrambi i casi è necessario che gli ambienti oggetto di trattamento siano stati precedentemente puliti, al fine di rendere maggiormente efficace l’azione del mezzo di disinfezione.

Purtroppo però, in questo periodo emergenziale, si assiste ad un ibrido di intervento: è spesso proposta la disinfezione degli ambienti tramite erogazione di prodotto chimico dall’impianto di condizionamento.

É quanto di più inconsistente possa esistere e nasce probabilmente dalla necessità di fare interventi su grandi ambienti in poco tempo.

Si fonda probabilmente su un assurdo cocktail delle due procedure; si pensa di far agire il prodotto chimico sulle superfici degli ambienti, però per risparmiare tempo si sfrutta l’impianto di condizionamento per raggiungerli tutti.

Cosa c’è di errato in questa pratica?

In primo luogo, come illustrato precedentemente, se gli impianti sono sporchi il prodotto chimico non esplica l’azione biocida desiderata e garantita in condizioni di pulizia. In secondo luogo, cosa importantissima, gli impianti aeraulici non possono garantire, per ogni ambiente servito, che il prodotto vada in concentrazioni sufficienti su tutte le superfici dell’ambiente per il tempo necessario.

Gli impianti aeraulici canalizzati, infatti, servono ambienti con arredi (numero di scrivanie, sedie, postazioni di lavoro) e metri cubi differenti (dagli open space ai singoli uffici direzionali). Erogare un prodotto dalle prese di aria esterna delle U.T.A. dovrebbe presupporre la misurazione specifica del principio attivo biocida in ogni ambiente, su ogni superficie.

Com’è facilmente desumibile, in base a come sono posizionate le bocchette e gli anemostati di mandata dell’aria, la nube sanitizzante si concentrerà maggiormente in alcune aree e meno in altre, ottenendo una distribuzione non omogenea e fuori controllo.

Per ovviare a questo, si propone quindi, con la stessa modalità, di portare a saturazione l’ambiente stesso, assicurando quindi il prodotto in tutto il volume dell’ambiente. Ma una cosa del genere è pressoché impossibile con l’impianto aeraulico.

La procedura di portare a volume un certo prodotto chimico, definita anche “affumicamento”, è ad esempio largamente impiegata nelle sale operatorie;  si posiziona un macchinario erogatore a centro ambiente e si sigilla la sala, spegnendo le mandate e le riprese degli impianti. In base al volume della sala, si assicura quindi per il tempo necessario la saturazione globale del volume completo dell’ambiente. A fine intervento va fatto smaltire il prodotto e quindi l’ambiente è riutilizzabile. Per questa procedura si impiegano atomizzatori che generano delle vere e proprie nebbie fredde, con particelle anche inferiori a 1 micron.

Fatto tramite impianto HVAC, in un ambiente formato da tanti uffici, non ha alcun fondamento scientifico e tecnico. Anzitutto l’impianto serve ambienti con volumi diversi, come possiamo quindi garantire la saturazione perfetta di un open space e contemporaneamente di un ufficio di piccole dimensioni?

Se la fonte di erogazione è esclusivamente la presa di aria esterna dell’UTA ed è unica per i vari ambienti, ciò è assolutamente impossibile. I due ambienti dovrebbero essere trattati separatamente, con tempi di contatto specifici. Si corre anzi il rischio di avere scarso prodotto in ambienti grandi e pericolosi sovradosaggi in ambienti piccoli.

Inoltre, uno dei requisiti che prevede il portare a volume un prodotto chimico in ambiente, si basa sul fatto che lo stesso ambiente deve essere completamente sigillato e che gli impianti di condizionamento, in particolare le riprese, devono essere spenti, per evitare l’uscita del prodotto dall’ambiente.

Per concludere ribadisco quindi l’assoluta necessità di valutare con attenzione tutti gli interventi di sanificazione e igienizzazione di ambienti e impianti aeraulici. In un periodo storico come questo (e con l’aumento delle chiamate al centro anti-veleni per intossicazioni chimiche) una scelta efficace e ponderata può fare tutta la differenza per la propria e altrui sicurezza.

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